by D Dalmas — «Concludere…» Saggio su Lucio Mastronardi. Davide Dalmas. 1. Presentando nel giugno 1959 Il calzolaio di Vigevano, che apre la.
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1. Presentando nel giugno 1959 Il calzolaio d i Vigevano , che apre la prima parte del primo numero del «Menabò», dedicata ai rapporti fra letteratura e dialetto, Eli o Vittorini cita ampiamente alcune letter e di Lu cio Mastronardi, che fanno risalire al gen naio 1956 l ™inizio del processo che porterà alla pubblicazione del romanzo. A proposito de ll™ultima revi sione, stralci di una di queste lettere, del marzo 1958, espongon o per punti gli imperativ i che lo scrittore esordiente si era imposto: Ho lavorato accanitamente. Ho lasciato anche perdere il doposcuola– Ho tirato fuori dal cassetto tutte le mie pagine e le ho rivedute tenendo presente questi punti: 1) Far parlare i personaggi e non parlare io. 2) Non ripetere le stesse frasi e le stesse situazioni. 3) Riordinare. Togliere di mezzo i personaggi che non si sa ancora chi siano. 4) Concludere– 1 Il problema della conclusione urge quindi fin dall™inizio. Negli anni succes sivi, durante il ristretto periodo in cui Mastronardi pubblica le sue opere più fortunate, compaiono alcune influenti formulazioni critiche interessate alla forma e al senso del concludere, in particolare dei 1 E.V. [Elio Vittorini ], Notizia su Lucio Mastronardi , «Il menabò», 1, 1959, pp. 101 -103; ora in Id., Letteratura arte società , II. Articoli e interventi 1938 -1965, a cura di R. Rodondi, Torino, Einaudi, 2008, pp. 874 -876: p. 876 .

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106 Davide Dalmas «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi romanzi. Nel 1961 René Girard chiude Mensonge romantique et verité romanesque , dove ha formulato la struttura triangolare del desiderio, con un capitolo dedicato appunto alla Conclusion : «La vérité du désir est la mort mais la mort n™est pas la vérité de l™œuvre romanesque» .2 Questa verità del romanzo che va oltre la morte è svelata appunto dalle conclusioni, che sono sempre delle trasformazioni: può essere la rinuncia da parte dell™eroe alla chimera che l™aveva mosso, la riunione negli altri dell™eroe solitario o la conquista della solitudine da part e dell™eroe figregariofl; in ogni caso, si tratta sempre di una conversione, che segna la dolorosa vittoria sul desiderio, sull™orgoglio prometeico. Le conclusioni romanzesche (al centro dello sguardo di Girard stanno in particolare le opere di Stendhal, Balzac, Dostoevskij e Proust) sono quindi banali, perché «elles répètent toutes, littéralement, la même chose. [–] Le dénouement [epilogo, conclusione, ma anche esito, soluzione] romanesque est une réconciliation entre l™individu et le monde, entre l™homme et le sacré». 3 In questa prospettiva, l™esito del romanzo riconcilia con il sacro perché, con la sconfitta del desiderio triangolare, con la rinuncia al mediatore umano, alla «transcendance déviée», inizia a risuonare irresistibile il richiamo di una «trans cendance verticale», 4 anche se il romanziere è scettico, anche se ironizza o maschera questo esito. Pochi anni dopo, nel 1965, Frank Kermode tiene le Mary Flexner Lectures al college femminile di Bryn Mawr, in Pennsylvania, da cui deriva The Sense of an E nding .5 Pur aprendo il discorso nella consapevolezza di trovarsi in un™epoca «in cui può risultare più difficile che mai accettare vecchie spiegazioni», 6 anche Kermode, per ragionare sul significato profondo della conclusione dei romanzi, si rivolge a uno schema religioso, proponendo il modello dell™Apocalisse come pietra di paragone inevitabile, perché esiste sempre il bisogno, «che ci accompagna durante l™esistenza, di appartenersi, di potersi riferire ad un inizio e ad una fine» .7 E la sfida è particolarmente 2 R. Girard, Mensonge romantique et verité romanesque [1961], Paris, Grasset, 2011, p. 325 . 3 Ivi , p. 344. 4 Ivi , p. 349. 5 F. Kermode, Il senso della fine. Studi sulla teoria del romanzo [1966], traduzione di G. Montefoschi, Milano, Rizzoli, 1972 . 6 Ivi , p. 15 . 7 Ivi , p. 16. Anche il Girard appena citato, partendo dai Demoni di Dostoevskij, sosteneva: «L™Apocalypse ne serait pas complète sans une face lumineuse» , R.

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107 QUARANT™ANNI DOPO L™OPERA DI LUCIO MASTRONARDI (1930 -1979) n.8 – 2020 «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi Davide Dalmas interessante e difficile per il romanzo moderno, costretto a trovare delle forme di concordia tra questa esigenza umana fieternafl e un™idea del tempo firealefl e della storia che è diventata sempre più caotica e incontrollabile e sempre meno (rispetto al mito o a più ingenue visioni progressiste della storia) finalizzata e organizzata come una vicenda con un inizio, uno sviluppo e una conclusione. L™anno prima (1964) Umberto Eco aveva pubblicato un altro libro che richiamava l™Apocalisse, per etichettare uno degli atteggiamenti intellettuali prevalenti di fronte all™esplosione delle comunicazioni e della cultura di massa, 8 con un titolo, Apocalittici e integrati , destinato a diventare un™espressione proverbiale quanto il precedente Opera aperta , che se non aveva dedicato esplicitamente un saggio alla conclusione dei romanzi aveva comunque contribuito a intensificare l™attenzione sul punto particolarmente sensibile della (non) chiusura, in una serie di studi dedicati alla crescente autonomia programmaticamente concessa all™interpretazione, nel senso sia dell™esecuzione sia della comprensione. Anche se Kermode, nelle conferenze appena citate, ricorda che ogni epoca sente di essere in un particolare momento di crisi e di sensibilità escatologica, non stupisce tutto questo richiamare il grande modello biblico della conclusione in un periodo di svolta che a diversi livelli toccava la forma della fine e la questione della gestione del tempo. Erano Tempi stretti , come indicava il titolo del «prototipo della letteratura industriale italiana», 9 particolarmente suggestivo perché oltre a essere un preciso riferimento al cronotopo principale del romanzo: la fabbrica e i suoi ritmi, e oltre a rappresentare un possibile Girard, Mensonge romantique et verité Romanesque cit., p. 326 . Mentre quella descritta da Mastronardi potrà apparire come «una provincia apocalittica, sottratta a ogni ipoteca di riforma e di salvezza» , A. Jacomuzzi, Il maestro di Vigevano , in Per Mastronardi . Atti del convegno di studi su Lucio Mastronardi, Vigevano 6 -7 giugno 1981, a cura di M.A. Grignani , Firenze, La Nuova Italia, 1983, pp. 65 -75: p. 68) . 8 U. Eco, Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e teorie della cultura di massa , Milano, Bompiani, 1964. Come ha mostrato B. Pischedda ( Umberto Eco. «La saggezza non sta nel distruggere gli idoli, sta nel non crearne mai» , in Id., Scrittori polemisti , Torino, Bollati Boringhieri, 2011, pp. 266 -332), molto importante per la saggistica (e per la narrativa) di Eco è la lettura di N. Cohn, I fanatici dell™Apocalisse [1957], Milano , Edizioni di Comunità, 1965, riferimento importante anche per il discorso di Kermode . 9 M. Fontana, La fabbrica d™irrealtà , in O. Ottieri, Tempi stretti [1957], Matelica, Hacca, 2012, pp. 361 -386: p. 365 .

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108 Davide Dalmas «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi richiamo di altri titoli pertinenti come Tempi moderni o Tempi difficili ,10 propone un™immagine riassuntiva di un™epoca in cui il tempo sembrava accorciato in una continua trasformazione. Tempi stretti quindi anche nel senso di fitempi abbreviatifl, quasi da fine del mondo lì a un passo (e nel 1961 escono le Poes ie della fine del mondo di Delfini–). Quindi, volendo, un altro riferimento biblico: «il tempo è ormai abbreviato; da ora in poi, anche quelli che hanno moglie siano come se non l™avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che si ralleg rano, come se non si rallegrassero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero, perché la figura di questo mondo passa» (I Corinzi 7: 29-31). Proprio nel 1964 di Apocalittici e integrati usciva Il meridionale di Vigevano , iniziato due anni prima. Si concludeva così un trittico di romanzi legati immediatamente dall™intitolazione toponomastica ma anche da solidissimi legami di ambientazione, temi, toni, lingua (che pure presenta importanti differen ze interne): un «ciclo romanzesco Œ come dirà Calvino nel 1981, ricordando Mastronardi e riconoscendo un suo notevole apporto alla letteratura italiana Œ che rappresenta tutta una società nei suoi meccanismi pubblici e privati, nel suo ritmo vitale e nelle sue ossessioni, nel fitto repertorio di voci e locuzioni idiomatiche delle sue manifestazioni parlate blaterate imprecate: tutto questo non registrato dal di fuori [–] ma [–] trasfigurato da un umore caricaturale implacabile e dalla musica d™una orchestra interiore in cui predominano i registri bassi degli ottoni» .11 L™intento di questo saggio è verificare in che senso la conclusione del Meridionale , in rapporto dinamico con gli inizi e le fini dei romanzi precedenti, può essere letta anche come la conclusione, l™esito, la soluzione dell™intera trilogia, e come può diventare un suggerimento per una interpretazione complessiva dell™opera di Lucio Mastronardi, capace di dare voce al fascino greve e al senso di asfissia che produce. Il reagente non sarà tanto la teoria e la storia dell™ explicit romanzesco 10 M. Quaglino, «Tempi stretti » di Ottieri: «Attenzione, lavori in corso!» , in La scatola a sorpresa. Studi e poesie per Maria Antonietta Grignani , a cura di G. Mattarucco, M. Quaglino, C. Riccardi, S. Tamiozzo Goldmann, Firenze, Cesati, 2016, pp. 313 -323 mostra quanto la scelta del tit olo sia stata laboriosa, con proposte a getto continuo di Ottieri spesso rifiutate da Calvino . 11 I. Calvino, Ricordo di Lucio Mastronardi [1981], in Id., Saggi 1945 -1985, a cura di M. Barenghi, Milano, Mondadori, 1995, pp. 1166 -1169 : p. 1166 .

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109 QUARANT™ANNI DOPO L™OPERA DI LUCIO MASTRONARDI (1930 -1979) n. 8 – 2020 «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi Davide Dalmas in generale quanto il problema pratico del concludere nel firomanzo del boomfl italiano, inteso con duplice approssimazione: narrazioni che escono negli anni del fimiracolo economicofl in senso stretto 12 e che lo accompagnano tematicamente, in modi diversificati, non necessariamente inserendosi nelle linee principali del discorso sul romanzo industriale italiano .13 Il materiale di contrasto principale, anche quando non esplicitamente richiamato, è fornito d a Tempi stretti (1957) e Donnarumma all™assalto (1959) di Ottiero Ottieri; La nuvola di smog (1958) di Italo Calvino; Le voci della sera (1961) di Natalia Ginzburg; La vita agra (1962) di Luciano Bianciardi; Memoriale (1962) di Paolo Volponi e Una nu vola d™ira (1962) di Giovanni Arpino. 2. Iniziando a prendere Il calzolaio , Il maestro e Il meridionale di Vigevano come un unico macrotesto, 14 i confini estremi sono tracciati da un incipit che è una prosopografia: 12 Tengo prese nti in particolare G. Crainz, Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta [1996], Roma, Donzelli, 2005 , e V. Castronovo, L™Italia del miracolo economico , Roma -Bari, Laterza, 2010. Gli anni dell™attività pri ncipale di Mastronardi coincidono quasi esattamente con gli anni del Miracolo, in uno dei suoi luoghi più emblematici, come dimostra il famoso articolo di Bocca. Però il Calzolaio anticipa cronologicamente: il romanzo che sta all™inizio del discorso del «m enabò» prima ancora che si aprisse il dibattito letteratura -industria è in realtà concentrato in larga parte sul periodo del fascismo e solo fialla finefl arriva nei pressi del boom , quindi assecondando un™immagine più di continuità che di rottura e eccezion e. 13 Un punto di riferimento è fornito da A. Berardinelli, Le angosce dello sviluppo. Scrittori italiani e modernizzazione 1958 -1975 [1995], in Id., Casi critici. Dal postmoderno alla mutazione , Macerata, Quodlibet, 2007, pp. 231 -304. Cfr. E. Zinato, Il romanzo industriale , in Il romanzo in Italia. IV. Il secondo Novecento , a c ura di G. Alfano , F. De Cristofaro, Roma, Carocci, 2018, pp. 233 -245. 14 Già nel 1964 Asor Rosa sosteneva che la trilogia «assume, se esaminata nel suo complesso, un rilievo maggiore di quello che si può concedere alle singole opere da cui è formata» , A. Asor Rosa, Uno scrittore ai margini del capitalismo: Mastronardi , in «Quaderni piacentini», 14, gennaio -febbraio 1964, pp. 36-40: p. 36. Insieme in un unico volume sono proposte, con l™anticipazione nel titolo generale del Maestro , per motivi di fama cinematografica (dal Maestro derivò un film con regia di Elio Petri, interpreti Alberto Sordi e Claire Bloom) , in L. Mastronard i, Il maestro di Vigevano. Il calzolaio di Vigevano. Il meridionale di Vigevano , Torino, Einaudi, 1994. Nel 1977, a Sergio Pautasso che aveva rilevato la sua «capacità di segno breve, eppure netto e incisivo», Mastronardi scriveva che si tratta di un™osser vazione giusta anche se, «a

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110 Davide Dalmas «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi A Vigevano l™hanno sempre conosciuto come Micca. Fa Mario Sala di nome e viene dalla più antica famiglia di artigiani scarpari. Tozzo, piccolotto, le orecchie a bandiera, e due occhi che diventano fuoco sentire parlare di lavoro e quibus. 15 E un explicit che registra parole che rimandano a un futuro ulteriore, oltre le pagine del libro. Sono parole tra sé, pensieri di Camillo, l™ultimo dei protagonisti del ciclo, che vengono presentati come un discorso diretto, tra virgolette (mentre al discorso diretto ve ro e proprio con l™amico Attilio sono riservati l™altro indicatore dialogico, i trattini): Parla, di™, apriti, su– «Sta piangendo. Piange proprio, piange». Parla. Che hai? «Piange apertamente. Singhiozza». Che hai? «Vuole la pari. È deciso– E va bene. Parlerò». 16 Ma questi sono appunto soltanto i confini estremi: l™inizio dell™inizio e la fine della fine. Allargando l™inquadratura, vediamo che la presentazione del protagonista che apre il Calzolaio non lo staglia isolato ma lo inserisce prima in una linea genealogica: una precisa discendenza, di nobiltà artigiana, che arriva fino al padre, considerato localmente l™antonomasia del provetto artigiano. Con lo stesso movimento, ma con un tono che diventa subito più caricaturale (tanto da ricordare gli incipit bianciardiani del Lavoro culturale , soprattutto, e della Vita agra ),17 il protagonista è inserito in un luogo preciso, sul dire la verità, l™ambizione è sempre stata l™opposto: ho aspirato subito all™opera di largo respiro» , cit. ivi, da Tesio nell™introduzione, pos izione 102. 15 L. Mastronardi, Il calzolaio di Vigevano , Torino, Einaudi, 1962, p. 9 , d™ora in poi CV. Le prime pagine del Calzolaio sono forse le più conosciute dell™opera di Mastronardi in generale, ad esempio selezionate per rappresentare l™opera dell™autore in Fabbrica di carta. I libri che raccontano l™Italia industriale , a cura di G . Bigatti , G. Lupo, Roma -Bari, Laterza, 2013, pp. 53 -59. 16 L. Mastronardi, Il meridionale di Vigevano , Torino, Einaudi, 1964, p. 173 , d™ora in poi MeV . 17 Questa vicinanza degli incipit storico -parodici è l™appiglio testuale più forte a favore dell™assonanz a spesso richiamata tra Bianciardi e Mastronardi secondo G. Turchetta, «Il calzolaio di Vigevano » di Lucio Mastronardi , in Letteratura italiana , a cura di A. Asor Rosa, XVI , Il secondo Novecento. Le opere 1938 -1961, Torino, Einaudi, 2007, pp. 609-638 : 627-628.

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112 Davide Dalmas «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi contrapposizione con la tradizione che giunge da tempi imprecisabili fino al padre, l™artigiano orgoglioso del lavoro ben fatto; ma a l tempo stesso si colloca nella corrente di un movimento collettivo, segnato dall™esempio di imprecisati altri che «dal banchetto» sono diventati padroni: «Gira la manopola e la musica è sempre una: dané fanno dané» (CV, p. 12) . Se tutti i romanzi «hanno q ualcosa in comune con la profezia, perché devono dare l™impressione di enucleare, dalla materia prima della situazione, le forme di un futuro», 19 come diceva Kermode, l™ipotesi di futuro che la partenza della storia di Mario incorpora è un chiaro finalismo di trasformazione e di conquista («Voleva venire lui padrone» ; CV, pp. 11 -12), che si rafforza tramite la rottura con la tradizione e con la fam iglia. Un perfetto inizio da firomanzo di formazione del padroncinofl. Il protagonista, infatti, a quattordici anni molla la bottega del padre e va in fabbrica, a contatto coi macchinari; e mostra di sapere tenere insieme le qualità del lavoro ereditato e quelle dell™innovazione: «Mario sapeva stare alla trancia e alla blake e allo smeriglio e alla fresa; adoperare la cucitora e disegnare modelli, e svilupparli. [–] Micca sapeva d™essere artista come artigiano e operaio da comando» (ibidem ). Ed è indicato sub ito anche quale sarà il mezzo necessario per la realizzazione del finale ipotizzato dalla forma dell™inizio, cioè ovviamente il lavoro, espresso in un modo che va a incidere con violenta forzatura proprio sulla forma del tempo, tramite il sacrificio di ogn i altra attività, pensiero, valore. In poche frasi scandite Mastronardi raggiunge subito il vertice dell™epica del lavoro, fiabesca ( Le mille e una notte ) e insieme empia perché scagliata contro i confini naturali e religiosi del tempo: Così si mise sotto a lavorare. Di giorno la fabbrica, la sera per suo conto a casa. Per mille e una notte non ebbe requie. E domeniche e Natali e Pasque e Ascensioni e Corpus Domini e Sacramenti vari, da mattina subito subito, fino a quasi mattina, a battere sul treppiede a tagliare pellame corame fodere, a cucire e stringare. (CV, pp. 11 -12) Anche in seguito, nel romanzo, la scansione sociale del tempo dell™anno sarà quella del calendario religioso, l™unica che dà modo di collocare alcuni dei momenti narrativi seguiti in diretta e non in modo continuativo; ma qualsiasi dimensione spirituale, d i lode o di servizio, 19 F. Kermode, Il senso della fine cit., p. 102 .

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113 QUARANT™ANNI DOPO L™OPERA DI LUCIO MASTRONARDI (1930 -1979) n. 8 – 2020 «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi Davide Dalmas di riposo o di meditazione, viene eliminata dalla frenesia del lavoro per conquistare l™obiettivo personale. Il tempo della chiesa non può regolare il tempo del calzolaio. E d™altra parte, come si è già visto, all™origine dell™attivit à scarparia collettiva viene collocato non un grande imprenditore o un uomo politico, ma una guida religiosa, spesso indicato semplicemente, per antonomasia, il Monsignore, che mantiene però in tutta l™opera il ruolo di capo della fimafiafl dei padroni; che è probabilmente all™origine di una delle sconfitte di Mario nella corsa furibonda verso il suo fine (da Monsignore viene l™inatteso invito a partecipare alla prestigiosa esposizione che si risolve nel furto dei modelli di scarpe inventati da Mario, quindi anche se non esplicitata è ipotizzabile una collusione); e che nell™unica occasione in cui viene rappresentato propriamente in veste religiosa, predica la bontà dei padroni che danno lavoro . Come è stato giustamente osservato, questo «passo quasi da romanz o di formazione» viene presto abbandonato, perché «il suo procedere non delinea nessuna Bildung , né alcun progresso»: 20 l™apparente ripresa di strutture della narrazione «paraboliche e ottocentesche della traiettoria sociale ed economica di un eroe, all™in segna della continuità» si annulla perché la storia non tende «al disvelamento di un enigma o di una Verità, allo scarico di un potenziale accumulato pazientemente di evento in evento, ma è statica, omogenea nel senso che ogni suo frammento è ugualmente ri levante (o irrilevante)» .21 Resta però il fatto che l™inizio del Calzolaio possiede tutte gli elementi necessari per l™apertura di un ciclo di ampio respiro: il «potenziale accumulato» in partenza non è poco: le origini familiari del protagonista, le origi ni del luogo dove si svilupperà l™azione (in generale e soprattutto nell™ambito specifico frequentato dal protagonista); e poi, a stringere, l™inizio di azione autonoma del protagonista; anzi della coppia di protagonisti, perché sempre in questo denso capi toletto iniziale c™è spazio per il matrimonio di Micca, che non aggiunge una semplice appendice al personaggio principale, ma introduce quella che sarà, in assenza del marito, la vera protagonista della parte centrale del romanzo. L™ingresso di Luisa, picc olina come lui, lavoratrice come lui, taccagna come lui, è 20 G. Turchetta, «Il calzolaio di Vigevano » di Lucio Mastronardi cit., p. 615 . 21 R. Rinaldi, Mastronardi: storia di uno scavo interrotto , in Id., Romanzo come deformazione . Autonomia ed eredità gaddiana in Mastronardi, Bianciardi, Testori, Arbasino , Milano, Mursia, 1985, pp. 9 -30: pp. 9 -10.

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114 Davide Dalmas «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi naturalmente in stretta connessione con la tensione all™obiettivo di Mario, l™impresa di fivenire padronefl, quindi il matrimonio è un altro tassello nella rottura con la genealogia: arrivato «sotto i trenta», in un solo momento, manda all™ospizio il padre e prende moglie. Da sempre, dalla commedia antica alla Morfologia della fiaba di Propp, in diversi modelli di trame il matrimonio è destinato al concludere, non all™inizare. 22 Nell™ultima pagina del libro che è fatto solo di inizi, Calvino scrive che «anticamente un racconto aveva solo due modi per finire: passate tutte le prove, l™eroe e l™eroina si sposavano oppure morivano. Il senso ultimo a cui rimandano tutti i racconti ha due facce: la continui tà della vita, l™inevitabilità della morte ».23 L™alternativa nella conclusione romanzesca è tanto scontata che un personaggio del Meridionale di Vigevano , il brigadiere Giuseppe, l™unico che non legge, può rivolgerla ironicamente ai lettori di romanzi che lo circondano: se non è morte, è matrimonio. « – Ma è proprio bella sta cosa? e come va a finire, che lei muore? Non muore, ah no? Allora si sposano. Ah mbè! Œ ripete, spaccando stuzzicandenti» (MeV , p. 17) . Spostando il matrimonio all™inizio, pertanto, Mastronardi ribadisce che siamo all™opposto di qualsiasi forma di romanzo sentimentale: non ci sarà nessun amore contrastato, rinviato e infine coronato felicemente o tristemente, ma, al contrario, il punto è s brigare in fretta e nel modo migliore la pratica del trovare moglie per porre le basi per il successo economico, come un primo allargamento della ditta. «Voleva una che lavorasse da giuntora e fosse brava nel mestiere. [–] Se è bella meglio ancora, sennò a men, che smorzato il chiaro la donna è un buco » (CV, p. 13) . Rimangono quindi implicitamente presenti dal capitolo iniziale due possibili esiti («In un romanzo l™inizio implica la fine» ):24 a un estremo quello del successo, del compimento positivo di quest a fiformazione del padroncinofl, all™altro estremo quello tragico, con risonanze melodrammatiche ma anche di denuncia politica, opzione sempre 22 Cfr. G. Adamo, Sul cominciare e sul finire dei romanzi , in «Strumenti critici», 35, 1, gennaio -aprile 2020, pp. 55 -72: p. 63 : «Gli intrecci dei romanzi scelti terminano o con la morte dell™eroe ( Don Chisciotte , La certosa di Parma , Moby Dick , Madame Bovary , L™idiota , Anna Karenina ); o con la fuga mundi (La principessa di Clèves , I Malavoglia ), o con il matrimonio ( Jacques il fatalista , I promessi sposi )». 23 I. Calvino, Se una notte d™inverno un viaggiatore , Torino, Einaudi, 1979, p. 261 . 24 F. Kermode, Il senso della fine cit., p. 169 .

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115 QUARANT™ANNI DOPO L™OPERA DI LUCIO MASTRONARDI (1930 -1979) n. 8 – 2020 «Concludere–». Saggio su Lucio Mastronardi Davide Dalmas possibile nell™orizzonte di Mastronardi, ma che confligge proprio con la narrazione. 25 Anche questa seconda possibi lità è evocata chiaramente, già nel primo capitolo, dalla consunzione di Luisa, visto che i due prendono casa «in un tugurio», una «stanzaccia umida, con le pareti che sgocciano, il suolo che fa acqua, le travi per soffitto» (CV, p. 13) , e dopo essersi spo sati alla svelta «subito presero a faticare da disperati; tirate da Siberia» (CV, p. 14) . Dopo due anni di quella vita Luisa deperisce tanto che il dottore vorrebbe denunciare quel «sadico» del marito, dicendo che se continua così la donna finirà «al tuber colosario» (CV, p. 15) . Una strategia analoga a questa ripresa frenetica e parodizzata di segnali d™inizio e di possibili finali subito negati può essere individuata alla fine del ciclo. Anche l™ultimo capitolo, il XX, del Meridionale 26 presenta in success ione una serie di rimandi a diverse tipologie di conclusioni: sul piano sentimentale individuale, con la partenza in treno e la soluzione (negativa) di un rapporto sentimentale incerto; sul piano sociale collettivo, con un esito tragico come la morte impro vvisa e altamente simbolica di un bambino figlio di meridionali (proprio nel libro che si intitola Il meridionale di Vigevano ), e con l™immediata gestione del lutto e la morale tirata dalla madre: solo attraverso la morte, che è doppia perché prima di quella del figlio c™era stata quella del marito, si raggiunge il radicamento nel luogo di emigrazione ;27 infine sul piano psicologico -relazionale, con la decisione di confessare a un amico le ragioni interiori finora indicibili del protagonista. Proprio il finale definitivo, del libro e della trilogia, è quello più aperto, perché si tratta di un nuovo inizio: il dolore della morte ha portato al 25 In mezzo ai racc onti pubblicati sull™«Unità» tra il 1964 e il 1965, che andranno a formare La ballata del vecchio calzolaio («L™Approdo letterario», 46, aprile -giugno 1969, pp. 33 -60, poi in L. Mastronardi, L™assicuratore , Milano, Rizzoli, 1975, pp. 63 -101) compare anche un Racconto stracciato , 14 marzo 1965: è la denuncia diretta delle condizioni lavorative nocive, in particolare il pericoloso uso del benzolo nella lavorazione delle scarpe, che produce però la distruzione del racconto stesso . 26 Iniziato nel 1962, Mastronardi il terzo romanzo «lo scrive tre volte» (cfr. R. De Gennaro, La rivolta impossibile. Vita di Lucio Mastronardi , Roma, Ediesse, 2012, p. 114). A quanto pare, nutriva dubbi in particolare proprio sul finale (cfr. ivi, p. 119) . 27 Sull™importanza «indispensabile» di quello che di gran lunga è il meno fortunato criticamente della trilogia, per la capacità di «restituire all™esodo delle masse contadine uno sguardo prospettico particolare» insiste ora S. Abruzzese, Meridionali si dive nta. Mastronardi nella questione italiana , in «Le parole e le cose», 24 maggio 2020, http://www.leparoleelecose.it/?p=38414 ( ultimo accesso: 5/11/ 2020).

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