Storia e/è rivoluzione; 2. Thomas Paine e la rivolu- zione americana: dalla filosofia della rivoluzione al costituzionalismo ri- voluzionario; 3.

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Fascicolo n. 2/ 2018 ~ Saggi e articoli Parte II ISSN: 2036-6744 RIVOLUZIONE E COSTITUZIONE PROFILI GIURIDICI E ASPETTI TEORICI di Claudio De Fiores Professore ordinario di diritto costituzionale Università degli Studi della Campania «Luigi Vanvitelli» ABSTRACT ITA La storia del costituzionalismo è storia di rivoluzioni. Un nesso che affonda le sue radici storiche nei principi e nelle rivendicazioni matur a-te nel corso della stagione rivoluzionaria di fine Settecento. A partire da tali premesse francese, russa) che hanno permeato la tradizione giuridica moderna evidenziandone i punti di forza e le contraddizioni. EN The history of constitutionalism is a history of revolutions. A lin k that finds its historical origins in the principles and in the claims of the revolutionary age of the late eighteenth century. Beginning from these premises, the Author examines the three main revolutions (in America, France and Russia) that have influenced modern legal history and hig h-lights its strengths and contradictions.

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145 RIVOLUZIONE E COSTITUZIONE PROFILI GIURIDICI E ASPETTI TEORICI di Claudio De Fiores SOMMARIO : 1. Storia e/è rivoluzione; 2. Thomas Paine e la rivol u-zione americana: dalla filosofia della rivoluzione al costituzionalismo r i-voluzionario; 3. Emmanuel-Joseph Sieyès e la rivoluzione francese: il potere costituente tra insurrezione e ordine costituito; 4. Vladimir L e- o-ne costituente. 1. Storia e/è rivoluzione Siamo cioè di fronte per dirla alla maniera di Gilles Deleuze a un «concetto- baule» 1, un termine pluriverso, ricomprensivo di una molteplicità di significati, contenuti, approcci analitici. Il metodo di indagine prescelto per addentrarci in questo intricato labirinto è né avrebbe potuto essere altrimenti quello forgiato dal diritto. E il campo d osservazione da noi privilegiato quello della « Be-ziehung» tra diritto e rivoluzione, tra la norma che è regola, regolare e regolata e la dimensione rivoluzionaria intesa quale fenomeno storico in grado di travolgere ordinamenti giuridici, assetti politici, sistemi di produzione delle regole vigenti. E, pertanto, capace finanche di «ca m-biare ciò che non si può cambiare», per utilizzare la celebre definizio- ne impiegata da Platone nelle Leggi 2. Ecco perché agli occhi di ogni ordinamento la rivoluzione incarna, per sua stessa natura, lHauptgefahr , lo stato di perturbazione che penetra e pervade tutto il sistema, minandone gli equilibri politici e i dispositivi di comando, al fine di sostituirli con nuovi equilibri e nuovi dispositivi. Una dimensione che ha segnato incessantemente la storia degli uomini, in ogni parte del mondo. Ne era persuaso Diderot per il quale «le rivoluzioni sono necessarie; ve ne sono sempre state e sempre ve 1 G. D ELEUZE , Logica del senso , Feltrinelli, Milano, 1975. 2 P LATONE , Le Leggi, III – 684, BUR, Milano, 2005, p. 265.

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CLAUDIO DE FIORES 146 Saggi e articoli Parte II ne saranno» 3. E ancor di più Karl Marx dalla cui opera abbiamo ap- preso che « le rivoluzioni sono le locomotive della storia »4. Per entrambi come si vede parlare di rivoluzione significa pa r-lare di storia. Un terreno di indagine quanto mai articolato e comple s-so, le cui sottese frizioni possono essere superate dal giurista solo pro- vando a tracciare, in senso gadameriano, un asse fra fatti e ordinamen- to, fra realtà e norma, « fra storia e sapere » (giuridico) 5. Non è un caso che il volume più noto dedicato al complesso tema dei rapporti tra diritto e rivoluzione ci si riferisce a Law and Revolution di Harold Berman sia, in fin dei conti, un libro di storia. In quest opera il celebre giurista di Harvard dopo avere precisato che, al pari della rivoluzione, anche il diritto è «un fenomeno storico, dotato di quella caratteristica che si potrebbe definire storicità» 6 pro- cede a una minuziosa disamina delle origini e delle trasformazioni che hanno permeato la tradizione giuridica. E lo fa descrivendo accurat a-mente, pagina dopo pagina, le sei grandi rivoluzioni della storia occ i-dentale: la reformatio pontificia avviata da Gregorio VII (1075-1122); la riforma luterana (1517-1555); la rivoluzione inglese (1650-1689); la rivoluzione americana (1776); la rivoluzione francese (1789); la rivo- luzione sovietica (1917). Per poi approdare, sulla base di una serrata e incalzante ricostruzione storico-giuridica, ad un unica e risolutiva conclusione: «il percorso dell evoluzione giuridica occidentale» è st a-to storicamente segnato da «trasformazioni rivoluzionarie su larga scala che periodicamente lhanno interessata, a partire da quella del tardo undicesimo secolo e degli inizi del dodicesimo. Al nuovo sistema giuridico stabilito da o- gni rivoluzione è stato attribuito un significato storico: in primo luogo, il nuovo sistema giuridico si considera fondato in origine sugli eventi che lo hanno prodotto» 7. 3 D. D IDEROT , voce Enciclopedia [1755] , in Mario Bonfantini (a cura di), Antologia , Istituto geografico De Agostini, Novara, 1979, p. 206. 4 K. MARX , Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 [1850], Editori Riuniti, Roma, 1992, p. 119. 5 H.G. G ADAMER , Verità e metodo [1960] , Milano, 2012, p. 585. 6 H.J. B ERMAN , Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione giuridica occidentale [1983] , il Mulino, Bologna, 2007, p. 37. 7 H.J. B ERMAN , Diritto e rivoluzione , cit., pp. 36-37.

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Rivoluzione e Costituzione Costituzionalismo.it ~ Fascicolo n. 2/2018 147 Un contributo di pensiero, quello offerto da Berman, che ci con- ferma ancora una volta semmai ce ne fosse stato bisogno che il d i-ritto non può prescindere dalla storia. E se ciò è vero per ogni giurista (a prescindere dalle singole discipline di riferimento), lo è ancor di più per il costituzionalista, impegnato, per vocazione e formazione, «a f a-re scienza giuridica usando la storia, non solo del diritto» 8 e a confron- tarsi, per ragioni che potremmo definire genetiche, con le rivoluzioni, i processi di « rupture de la légalité »9 e con quell (apparente) ossimoro che è il diritto rivoluzionario 10. Il motivo è evidente: il costituzional i-smo si è imposto, sin dalle sue origini, quale parte integrante del pe n-siero rivoluzionario. E lo stesso vale per le Costituzioni che altro non sono state e non sono che conquiste della rivoluzione. Ha scritto, a tale riguardo, Gianni Ferrara: «La Costituzione è atto rivoluzionario. Lo è ogni costituzione pe r-ché ogni costituzione abroga quella precedente. Ma non si tratta di unabrogazione riconducibile alla sola successione delle leggi nel tempo. Perché la costituzione trascende la dimensione della legalità. Impegna la legittimità, il fondamento. L abrogazione di una costitu- zione deriva dall abbattimento o dall esaurimento del principio polit i-co di legittimazione su cui si reggeva l intero ordinamento. Alla cui base ne è stato posto un altro» 11. Ma asserire ciò vuol dire, allo stesso tempo, rivedere drasticamente le coordinate temporali del rapporto costituzione-rivoluzione, assu- mendo un campo d indagine estremamente più circoscritto sul piano storico. Una prospettiva d analisi che (come vedremo) nulla ha da spartire con Burke o con gli studi di McIlwain 12. Né tantomeno con le tesi di matrice descrittiva anc o- 8 G. F ERRARA , Il diritto come storia, in G. A ZZARITI (a cura di), Interpretazione costit u-zionale, Giappichelli, Torino, 2007, p. 5. 9 R. A RON , Introduction à la philosophie politique : démocratie et révolution , Le Livre de Poche, Paris, 1997, p. 201 10 È stato, a tale riguardo, opportunamente evidenziato da G. F ERRARA , Costituzione e Rivoluzione. Riflessioni sul Beruf del costituzionalista , in Costituzionalismo.it , 2010, p. 2 che la «scarsa considerazione del rapporto tra costituzione e rivoluzione sia da attribuire a quella versione del positivismo giuridico che ha preteso di concentrare ed esaurire sul dato normativo tutta 11 G. F ERRARA , Costituzione e Rivoluzione, cit., p. 1. 12 C. McI LWAIN , Costituzionalismo antico e moderno [1947], Bologna, il Mulino, 1990.

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CLAUDIO DE FIORES 148 Saggi e articoli Parte II ra oggi alquanto diffuse protese a far coincidere l ordinamento cost i-tuzionale con «la struttura dell ordine giuridico »13. Lobiettivo di fondo, sotteso a siffatti moduli interpretativi, è ev i-dente: liquidare il concetto di Costituzione alla stregua di «un sinon i- il funzionamento effettivo, consolidato da convezioni accettate dalle parti che compongono il sistema politico stesso» 14. Ma siffatto esito interpretativo non può essere condiviso: approdare a siffatte conclusioni vorrebbe dire negare la politicità delle Costitu- zioni, separandole dalla storia del mondo e da quella del costituzion a-lismo in particolare. Tra costituzione e costituzionalismo vi è un nesso originario, un continuum fatto di istanze sociali, dimensioni ideali, principi politici dai quali non è possibile in alcun modo prescindere: «ogni costituzio- i-ca del suo sviluppo e in una specifica realtà nazionale» 15. Di qui la forza storica e precettiva delle costituzioni. Forza che trae la propria entità dai principi fondativi del costituzionalismo e, in particolare, da l-la sua norma-manifesto: l art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell uomo e del cittadino, approvata in Francia il 26 agosto 1789. D i-posizione che, ancora oggi, ci avverte che «ogni società in cui la g a-ranzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determ i-nata non ha costituzione». Da quel momento «lo statuto teorico del costituzionalismo divenne unaltra storia. Un lungo percorso, che ha attraversato oltre due seco- li» 16. Da ciò ne discende che se per Berman il nesso diritto-rivoluzione affonda la sua genesi storica nel Medioevo, se per Eugenio Garin le sue origini vanno rintracciate nel Rinascimento 17, se per Ronald Syme 13 G. R EBUFFA , Costituzioni e costituzionalismi, Giappichelli, Torino, 1990, p. 8. 14 G. R EBUFFA , Costituzioni e costituzionalismi, cit., p. 9. 15 G. F ERRARA , La Costituzione. Dal pensiero politico alla norma giuridica, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 12. 16 G. A ZZARITI , Diritto e conflitti. Lezioni di diritto costituzionale, Laterza, Roma-Bari, 2010, pp. 403- 404. 17 Cfr. E. GARIN, La cultura del Rinascimento [1964], Il Saggiatore, Milano 2006. Su p o-sizioni analoghe ampia parte della letteratura italiana, cfr., fra tanti, G. PASQUINO , Riv o-luzione, in N. BOBBIO N. MATTEUCCI ID. (diretto da), Dizionario di politica, Utet, Tor i-no, 1990, p. 978 per il quale la parola rivoluzione sarebbe stata «coniata nel Rinascimento,

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CLAUDIO DE FIORES 150 Saggi e articoli Parte II Punto di condensazione spirituale e materiale di questo articolato processo di trasformazione della storia del mondo non poteva che e s-sere la Costituzione, intesa quale atto originario, volontario e tipico del popolo. Stiamo parlando delle «prime Costituzioni della modernità, gli atti primigeni del costitu- zionalismo che si fa storico, normativo, reale, e che sulla base delle acquisizioni teoriche e delle progettazioni che per secoli erano state disegnate dal pensiero giuspolitico, si confrontava con la realtà del po- tere» 20. Sono questi gli anni nei quali Thomas Jefferson scrive Summar y View (1774) 21 e l abate Sieyès redige Quest-ce que le Tiers Etat? (1789) 22. Anni nei quali la Francia assiste alla definitiva caduta dell Ancien Régime e l America viene, in ogni città, freneticamente sommersa da centinaia di pamphlet . Libelli inneggianti all insurrezione, molto spesso anonimi e in altri casi firmati ricorrendo a singolari pseudonimi, quasi tutti mutuati dalla storia classica alla quale gli artefici della rivoluzione americana dichiaravano esplicit a-mente di ispirarsi. Tra questi «il pamphlet più letto durante la rivoluzione» 23, il « bes t-seller rivoluzionario per definizione» 24, «l arma di propaganda più p o-tente» 25 fu il Common Sense di Thomas Paine, pubblicato a Filadelfia nel 1776. che conosceva approfonditamente la storia della Gran Bretagna, le sue istituzioni, le sue tradizioni. Ma in occasione della stesura del Com-mon sense il suo punto di osservazione sul mondo inglese è destinato a mutare sensibilmente. Perché Paine con quest opera continua sì a guardare all Inghilterra, ma questa volta lo fa dall America. Il ritratto 20 G. F ERRARA , La Costituzione, cit., p. 81. 21 T. J EFFERSON , [1774], in I D., Federalismo e democrazia, Euromeeting, Milano-Roma, 2005, pp. 33 ss. 22 E.-J. S IEYÈS , Che cosa è il terzo stato?, [1789] , Editori Riuniti, Roma, 1992. 23 S. V ISENTIN , G in A. Pandolfi , (a cura di), Nel pensiero politico moderno, Manifestolibri, Roma, 2004, p. 422. 24 E. JOY MANNUCCI , Introduzione, in T. P AINE, à della ragione, Ibis, Como-Pavia, 2000, p. 10. 25 M. B ELOFF , Thomas Jefferson e la democrazia americana (1948), Ed. Opere Nuove, Roma, 1958, p. 68.

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Rivoluzione e Costituzione Costituzionalismo.it ~ Fascicolo n. 2/2018 151 della madrepatria che ne vien fuori è quanto mai severo, inflessibile, per molti aspetti impietoso: pregiudizi culturali, privilegi nobiliari, in- giustizie sociali crescenti. Difetti, per molti aspetti, atavici, ma irrep a-rabilmente aggravatisi negli anni del regno di Giorgio III: il sovrano Paine liquida, invece, sprezzantemente con l epiteto «Reale bestia di Gran Bretagna» 26. Ma il Common Sense non fu soltanto un atto d accusa contro la monarchia inglese. In Paine c è molto di più. C è la rivendicazione della rivoluzione, c è il need for subversion , c è la lotta per lindipendenza americana: «Tutto ciò che è giusto e ragionevole depone a favore della separ a-zione. Il sangue degli uccisi, la flebile voce della natura gridano: è tempo di separarsi . Persino la distanza che l Onnipotente ha posto tra lInghilterra e l America è una valida prova naturale che la supremazia dell una sull altra non è mai stata nei disegni divini» 27. Di qui il bisogno, espresso con forza da Paine, di radicalizzare lo scontro con il Parlamento inglese. Per poi, su queste basi, puntare a trasformare le emergenti istanze di autonomia in radicali rivendicazio- ni di autogoverno. Rivendicazioni che solo una rivoluzione avrebbe potuto realizzare appieno: «lindipendenza americana, considerata come semplice separazione dell Inghilterra, sarebbe stata cosa di ben poca importanza, se non fo s-se stata accompagnata da una rivoluzione nei principi e nella pratica dei governi» 28. Per Paine rivoluzione voleva dire sovversione dello stato delle cose presenti, autodeterminazione del popolo, approvazione di una Costitu- zione: «avere un nostro governo è nostro diritto naturale: e quando si r i-fletta seriamente sulla precarietà delle cose umane, ci si persuaderà 26 T. P AINE, Il senso comune [1776] , in I D., Edi-tori Riuniti, Roma, 1978, p. 112. 27 T. P AINE, Il senso comune, cit., p. 101. 28 T. P AINE, [1792] , in ID., , cit., p. 265.

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CLAUDIO DE FIORES 152 Saggi e articoli Parte II che è infinitamente più saggio e più salutare formarsi una propria Co- stituzione» 29. Costituzione non poteva che essere il popolo. Lunico soggetto legittimato dalla storia a forgiare il common sense, a sovrintendere i processi costituenti . Ad agire da sovrano. Il Common Sense, appena pubblicato a Filadelfia nel 1776, venne immediatamente brandito, da uno sterminato numero di coloni, come a-gioni di questo straordinario successo sono facilmente intuibili: «il background del pamphlet era illuministico, l ispirazione ideale rousseauiana, le argomentazioni di chiara impronta razionalistica, lanalisi della situazione quanto mai realistica, il linguaggio corrente e diretto» 30. Ma in quegli stessi anni Thomas Paine sarà particolarmente attivo anche in Francia. Una circostanza che gli consentirà di osservare da vicino e, in più occasioni, di prender direttamente parte agli eventi po- litici parigini. Eventi unici, straordinari che, in breve tempo, avrebbero portato all avvento del costituzionalismo anche sull altra sponda dell Atlantico. Paine è pienamente cosciente del passaggio storico in atto. E, so- prattutto, del rapporto che lega le ragioni del costituzionalismo alla r i-voluzione. Ai suoi occhi la costituzione altro non è che l altra faccia del processo rivoluzionario, il suo esito compiuto, il suo approdo no r-mativo. Anche su questo terreno la rottura tra Paine e la cultura giuridica inglese non avrebbe potuto essere più evidente. Se per Paine le cost i-tuzioni sono il frutto del caos, della rottura, dell insurrezione, per Burke esse traggono invece la loro forza dalla tradizione, dall ordine, dal passato. Una sorta « eredità dei nostri progenitori »31 da preservare a tutti i costi 32. Di qui la convinzione di Burke che 29 T. P AINE, Il senso comune, cit., p. 112. 30 G. F ERRARA , La Costituzione , cit., p. 81. 31 E. BURKE , Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia , Ideazione, Roma, 1998, p. 55. 32 E. BURKE , Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia , cit., p. 49.

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Rivoluzione e Costituzione Costituzionalismo.it ~ Fascicolo n. 2/2018 153 «il popolo inglese non scimmiotterà mode che non ha speriment a-to, né tornerà a seguire quelle che, una volta provate, si siano rivelate nocive. Esso considera la legittima successione ereditaria alla corona come facente parte dei propri diritti, non come un torto a cui riparare; come un beneficio, non come un motivo di lamentela; come una g a-ranzia della propria libertà, non come un marchio di asservimento. E s-so considera d inestimabile valore la propria struttura sociale e politica così come essa è, e ritiene la pacifica successione della Corona una g a-ranzia di stabilità e di continuità per tutti gli altri elementi dell a nostra Costituzione» 33. Insomma, ciò che per l autore del Common sense è processo cost i-tuente, per Burke è ordine costituito. Ciò che per Paine è ordo ord i-nans, per Burke è ordo ordinatus . Ciò che nel Rights of man viene concepito come costruzione rivoluzionaria del futuro, nelle Reflections on the Revolution diviene tradizione, conservazione, celebrazione del passato. Ma la storia scrive Paine non si lascia «legare dai morti»: «Non vi fu mai, né mai vi sarà, né potrà mai esservi un parlamento o una categoria di uomini o una generazione, in nessun paese, che ab- s-sere governato o chi debba governarlo; e pertanto tutte le clausole, gli atti o le dichiarazioni mediante cui i loro autori pretendono di fare ciò che non hanno né il diritto né il potere di fare, o di far eseguire, sono in se stesse irrite e nulle. Ogni età e generazione deve essere libera di agire autonomamente in ogni caso come le età e le generazioni che la precedettero. La vana presunzione di governare dalla tomba è la più ridicola e oltraggiosa di tutte le tirannidi» 34. Per Paine la costruzione del futuro è un atto politico. Ecco perché la Costituzione la «carta del futuro» non può essere opera della tradizione o di un monarca, ma solo del popolo: è il popolo che forgia le Costituzioni, difende l inviolabilità dei diritti, circoscrive le sfere di azione di ogni singolo potere dello Stato 35. Compreso il governo il cui 33 Ibidem . 34 T. P AINE, [1791] , in I D., itici, cit., p. 140. 35 Sul punto C. McI LWAIN , Costituzionalismo antico e moderno, cit., p. 38 per il quale «qualsiasi cosa se ne voglia pensare dal punto di vista teoretico, la nozione di Paine, che la

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