Lettera a una professoressa. SESTANTE. GRANDI LETTURE don. Milani. Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io.
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10 SCUOLA E FORMAZIONE Lettera a una professoressa SESTANTE don Milani Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell™istituzione che chia- mate scuola, ai ragazzi che «respingete». Ci respingete nei campi e nelle fab- briche e ci dimenticate. Due anni fa, in prima magistrale, lei mi intimidiva. Del resto la timidezza ha accompa- gnato tutta la mia vita. Da ragazzo non alzavo gli occhi da terra. Strisciavo alle pareti per non esser visto. Sul principio pensavo che fosse una malattia mia o al massimo della mia famiglia. La mamma è di quelle che si intimidiscono davanti a un modulo di telegramma. Il babbo osserva e ascolta, ma non parla. Più tardi ho creduto che la timidezza fosse il male dei montanari. I contadini del piano mi parevano sicuri di sé. Gli operai poi non se ne parla. Ora ho visto che gli operai lasciano ai figli di papà tutti i posti di responsabilità nei partiti e tutti i seggi in parlamento. Dunque son come noi. E la timidezza dei poveri è un mistero più antico. Non glielo so spiegare io che ci son dentro. Forse non è né viltà né eroismo. È solo mancanza di prepotenza.
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Presentazione Siamo a cinquant™anni dall™uscita di Lettera a una professoressa , e dalla morte, solo un me- se dopo, di don Lorenzo Milani, il priore che, con i ragazzi di Barbiana, aveva scritto quel libro . Un durissimo atto d™ accusa nei confronti di una scuola che non si curava degli allievi in difficolt à perché poveri. Un testo dirompente che diventava presto anche il manifesto per un sistema formativo più inclusivo e più giusto e di una pedagogia e una metodologia, d™insegnamento aperte, collaborati- ve, innovative, concrete. C™è da chiedersi che cosa resti, oggi, di quel messaggio e che cosa ci sia da ri- prendere da quella esperienza. A noi sembra che niente sia invecchiato: né la de- nuncia né la proposta, né lo stile, né la forma, No n c™è una frase fuori posto, né un giudizio, per quan -to provocatorio, che non risulti giustificato e ill u- minante. Certo la realtà e i tempi che viviamo non sono più quelli; neanche la scuola è più quella, ma molte di quelle difficoltà, di quelle criticità e d i quei problemi, là individuati e combattuti, li ritroviam o ancora. Certo le povertà e i disagi educativi, le m ar- ginalità e le esclusioni hanno caratteristiche diff e- renti e forse sono meno clamorose. Sicuramente so- no meno giustificate e non più considerate naturali e inevitabili. Non sono rimosse, ma non sono meno gravi, meno diffuse, meno discriminanti. Ci sembra anche che molte delle indicazioni che vengono dai più aggiornati e accreditati stu- di su come vincere la sfida all™educazione posta dall™esplosione delle conoscenze scientifiche e dai complessi problemi sociali a cui la contempora- neità ci espone 1 rimandino con incredibile preci- sione al modo di far scuola e agli obiettivi forma- tivi di don Milani. Allora risulterà chiara e giustificata la scelta di de- dicare la copertina della rivista a don Milani e ai suoi ragazzi e di proporre nella rubrica Sestante qual- che frammento di quel loro testo ancora prezioso. Noi don Milani l™abbiamo ricordato anche nell™ultimo Congresso e ne ha scritto, con la no- ta maestria, Eraldo Affinati nel nostro giornale 2.Ora ai brani di Lettera a una professoressa che pubblichiamo accompagniamo, a commento, una testimonianza particolare: quella di un gruppo di insegnanti che, letto il libro tanti anni fa hanno avu- to il coraggio Œ e la fortuna Œ di tentare di mette re in pratica quell™insegnamento. L™esperienza di sperimentazione di integrazione scolastica (scuola a tempo pieno, mattino e pome- riggio, integrazione tra le discipline curricolari e un ricco menù di attività opzionali: ceramica, labora- tori, teatro –) si è svolta a Pontelongo, paesetto di 4000 anime, in provincia di Padova, nel decennio 1972-1982. Una delle tante (non tantissime) speri- mentazioni sorte (piuttosto spontaneisticamente) sul territorio, chiuse Œ senza valutazione Œ con l™ av- vento del tempo lungo e del tempo prolungato nel 1982. Archeologia scolastica, si dirà; che a quanto pare non ha lasciato nemmeno molte tracce. Ma è solo che la scuola non usa scrivere la propria stor ia. Non è questo il caso della scuola media statale Giacomo Leopardi di Pontelongo. Quattro anni fa, un gruppetto di quegli insegnanti Œ poco meno di una ventina Œ si riuniva in una bella casa sui C ol- li Euganei; non era la prima volta che si ritrovava -no, quella volta però ci fu chi lasciò cadere l™ide a di scrivere un libro di quel decennio particolare. Era -no passati tanti anni, loro erano rimasti amici; gl i ex allievi, diventati madri e padri di famiglia, si ri tro- vavano spesso, tra loro e/o con gli insegnanti, en- tusiasti di quell™esperienza. Del libro parleremo quando uscirà, intanto ab- biamo chiesto a uno loro di parlarci del significa- to dell™opera e della figura di don Milani, visto c he una loro delegazione ha sentito il bisogno, sabato 9 settembre, di salire a Barbiana. Per depositare l a bozza del libro sulla tomba di don Lorenzo Mila- ni: omaggio dovuto al maestro ispiratore della loro buona battaglia. G.C. SCUOLA E FORMAZIONE 111) Si veda per esempio il Quadro di riferimento OECD 2030 per l™apprendimento e il progetto DeSeCo per l a de˜- nizione e la selezione delle competenze ). 2) V. fi Scuola e formazione fl, n. 2 apr/giu 2017).
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Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocc iati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell™istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che «respin- gete».Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate. Due anni fa, in prima magistrale, lei mi intimidiva. Del resto la timidezza ha accompagnato tutta la mia vita. Da ragazzo non alzavo gli occhi da terra. Strisciavo alle pareti per non esser visto. Sul principio pensavo che fosse una malattia mia o al massimo della mia famiglia. La mamma è di quelle che si int imidiscono davanti a un modulo di telegramma. Il babbo osserva e ascol ta, ma non parla. Più tardi ho creduto che la timidezza fosse il male dei montanari. I contadini del piano mi parevano sicuri di sé. Gli operai poi non se ne parla. Ora ho visto che gli operai lasciano ai figli di pa pà tutti i posti di responsabilità nei partiti e tutti i seggi in pa rlamento. Dunque son come noi. E la timidezza dei poveri è un mister o più antico. Non glielo so spiegare io che ci son dentro. Forse non è né viltà né eroismo. È solo mancanza di prepotenza. I MONTANARI Alle elementari lo Stato mi offrì una scuola di seconda categoria. Cinque classi in un™aula sola. Un quinto della scuola cui avevo di- ritto. È il sistema che adoprano in America per creare le differenze tra bianchi e neri. Scuola peggiore ai poveri fin da piccini. Finite le elementari avevo diritto a altri tre anni di scuola. Anzi la Costituzione dice che avevo l™obbligo di andarci. Ma a Vicchio non c™era ancora scuola media. Andare a Borgo era un™impresa. Chi ci s™era provato aveva speso un monte di soldi e poi era stato respinto come un cane. Ai miei poi la maestra aveva detto che non sprecass ero soldi: «Mandatelo nel campo. Non è adatto per studiare». Il babbo non le rispose. Dentro di sé pensava: «Se si stesse di casa a Barbiana sarebbe adatto». 12 SCUOLA E FORMAZIONE don Milani Lettera a una professoressa
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A Barbiana tutti i ragazzi andavano a scuola dal pr ete. Dalla mattina presto fino a buio, estate e inverno. Nessuno era «negato per gli studi». Ma noi eravamo di un altro popolo e lontani. Il babbo stava per arrendersi. Poi seppe che ci andava anche un ragazzo di S. Martino. Allora si fece coraggio e andò a sentire. Quando tornò vidi che m™aveva comprato una pila per la sera, un gavettino per la minestra e gli stivaloni di gomma per la neve. Il primo giorno mi accompagnò lui. Ci si mise due o re perché ci facevamo strada col pennato e la falce. Poi impa rai a farcela in poco più di un™ora. Passavo vicino a due case sole. Coi vetri rotti, abbandonate da poco. A tratti mi mettevo a correre per una vipera o per un pazzo che viveva solo alla Rocca e mi gridava di lontano. Avevo undici anni. Lei sarebbe morta di paura. Vede ? ognuno ha le sue timidezze. Siamo pari dunque. Ma solo se ognuno sta a casa sua. O se lei avesse bisogno di dar gli esami da noi. Ma lei non ne ha bisogno. Barbiana, quando arrivai, non mi sembrò una scuola. Né catte- dra, né lavagna, né banchi. Solo grandi tavoli intorno a cui si faceva scuola e si mangiava. D™ogni libro c™era una copia sola. I ragazzi gli si stringevano sopra. Si faceva fatica a accorgersi che uno era un po™ più grande e inse- gnava.Il più vecchio di quei maestri aveva sedici anni. I l più piccolo dodici e mi riempiva di ammirazione. Decisi fin dal primo giorno che avrei insegnato anch™io. La vita era dura anche lassù. Disciplina e scenate da far perdere la voglia di tornare. Però chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Fi nché non aveva capito, gli altri non andavano avanti. Non c™era ricreazione. Non era vacanza nemmeno la domenica. Nessuno di noi se ne dava gran pensiero perché il lavoro è peggio. Ma ogni borghese che capitava a visitarci faceva un a polemica su questo punto. Un professorone disse: «Lei reverendo non ha studia to peda- gogia. Polianski dice che lo sport è per il ragazzo una necessità fisiopsico»1.Parlava senza guardarci. Chi insegna pedagogia all™ Università, i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a mente come noi si sa le tabelline. Finalmente andò via e Lucio che aveva 36 mucche nel la stalla disse: «La scuola sarà sempre meglio della merda». Questa frase va scolpita sulla porta delle vostre scuole. Milioni di ragazzi contadini son pronti a sottoscriverla. Che i ragazzi odiano la scuola e amano il gioco lo dite voi. Noi contadini non ci avete interrogati. Ma siamo un mil iardo e novecento milioni 2. Sei ragazzi su dieci la pensano esattamente come Lucio. Degli altri quattro non si sa. Tutta la vostra cultura è costruita così. Come se il mondo foste voi. SCUOLA E FORMAZIONE 13
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L™anno dopo ero maestro. Cioè lo ero tre mezze giornate la set- timana. Insegnavo geografia matematica e francese a prima media. Per scorrere un atlante o spiegare le frazioni non occorre la laurea. Se sbagliavo qualcosa poco male. Era un sollievo pe r i ragazzi. Si cercava insieme. Le ore passavano serene senza p aura e senza soggezione. Lei non sa fare scuola come me. Poi insegnando imparavo tante cose. Per esempio ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l™avarizia. Dall™avarizia non ero mica vaccinato. Sotto gli esami avevo voglia di mandare al diavolo i piccoli e studiare per me. Ero un ragazzo come i vostri, ma lassù non lo potevo confessare né agli altri né a me stesso. Mi toccava esser generoso anche quando non ero. A voi vi parrà poco. Ma coi vostri ragazzi fate men o. Non gli chiedete nulla. Li invitate soltanto a farsi strada. I RAGAZZI DI PAESE Dopo l™istituzione della scuola media a Vicchio arrivarono a Bar- biana anche ragazzi di paese. Tutti bocciati, naturalmente. Apparentemente il problema della timidezza per loro non esisteva. Ma erano contorti ín altre cose. Per esempio consideravano il gioco e le vacanze un diritto, la scuo- la un sacrificio. Non avevano mai sentito dire che a scuola si va per imparare e che andarci è un privilegio. Il maestro per loro era dall™altra parte della barricata e conveniva ingannarlo. Cercavano perfino di copiare. Gli ci volle del tempo per capire che non c™era registro. Anche sul sesso gli stessi sotterfugi. Credevano ch e bisognasse parlarne di nascosto. Se vedevano un galletto su una gallina si dava- no le gomitate come se avessero visto un adulterio. Comunque sul principio era l™unica materia scolastica che li svegliasse. Avevamo un libro di anatomia 3. Si chiudevano a guardarlo in un cantuccio. Due pagine erano tutte consumate. Più tardi scoprirono che son belline anche le altre. Poi si accorsero che è bella anche la storia. Qualcuno non s™è più fermato. Ora gli interessa tutto. Fa scuola ai più piccini, è diventato come noi. Qualcuno invece siete riusciti a ghiacciarlo un™altra volta. Delle bambine di paese non ne venne neanche una. Forse era la difficoltà della strada. Forse la mentalità dei genitori. Credono che 14 SCUOLA E FORMAZIONE don Milani
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una donna possa vivere anche con un cervello di gallina. I maschi non le chiedono d™essere intelligente. È razzismo anche questo. Ma su questo punto non abbiamo nulla da rimproverarvi. Le bambine le stimate più voi che i loro genitori 4.Sandro aveva 15 anni. Alto un metro e settanta, umiliato, adulto. I professori l™avevano giudicato un cretino. Volevano che ripetesse la prima per la terza volta. Gianni aveva 14 anni. Svagato, allergico alla lettura. I professori l™avevano sentenziato un delinquente. E non avevano tutti i torti, ma non è un motivo per levarselo di torno. Né l™uno né l™altro avevano intenzione di ripetere. Erano ridotti a desiderare l™officina. Sono venuti da noi solo perché noi ignoriamo le vostre bocciature e mettiamo ogni ragazzo nella classe giusta per la sua età. Si mise Sandro in terza e Gianni in seconda. È stata la prima sod- disfazione scolastica della loro povera vita. Sandr o se ne ricorderà per sempre. Gianni se ne ricorda un giorno sì e uno no. La seconda soddisfazione fu di cambiare finalmente programma. Voi li volevate tenere fermi alla ricerca della perfezione. Una per- fezione che è assurda perché il ragazzo sente le stesse cose fino alla noia e intanto cresce. Le cose restano le stesse, m a cambia lui. Gli diventano puerili tra le mani. Per esempio in prima gli avreste riletto per la seconda o terza volta la Piccola Fiammiferai a e la neve che fiocca fiocca fiocca 5. Invece in seconda e terza leggete roba scritta pe r adulti. Gianni non sapeva mettere l™acca al verbo avere. Ma del mondo dei grandi sapeva tante cose. Del lavoro, delle famiglie, della vita del paese. Qualche sera andava col babbo alla sezione comunista o alle sedute del Consiglio Comunale. Voi coi greci e coi romani gli avevate fatto odiare tutta la storia. Noi sull™ultima guerra si teneva quattr™ore senza respirare. A geografia gli avreste fatto l™Italia per la seconda volta. Avrebbe lasciato la scuola senza aver sentito rammentare tu tto il resto del mondo. Gli avreste fatto un danno grave. Anche solo per leggere il giornale.Sandro in poco tempo s™appassionò a tutto. La mattina seguiva il programma di terza. Intanto prendeva nota delle cos e che non sapeva e la sera frugava nei libri di seconda e prima. A giugno il «cretino» si presentò alla licenza e vi toccò passarlo. Gianni fu più difficile. Dalla vostra scuola era uscito analfabeta e con l™odio per i libri. Noi per lui si fecero acrobazie. Si riuscì a fargli amare non dico tutto, ma almeno qualche materia. Ci occorreva solo che lo riempiste di lodi e lo passaste in terza. Ci avremmo pensato noi in seguito a fargli amare anche il resto. Ma agli esami una professoressa gli disse: «Perchè vai a una scuola privata? Lo vedi che non ti sai esprimere?» 6.Lo so anch™io che Gianni non si sa esprimere. Battiamoci il petto tutti quanti. Ma prima voi che l™avevate buttato fuori di scuola l™anno prima. Bella cura la vostra. Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnova rle all™infinito. I SCUOLA E FORMAZIONE 15
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SCUOLA E FORMAZIONE 171) Polianski = non sappiamo chi sia, ma sarà un famoso educator e. Pedagogia = arte di educare i ra- gazzi. Fisiopsico = metà di un parolone che adoprò quel professor e e che non ricordiamo intero. 2) Abbiamo contato nella cifra anche chi vive peggio dei contadini: cacciatori, pescatori, pastori (Compendium of Social Statistics» ONU New York 1963 ). 3) Libro di anatomia = libro che adoprano gli studenti di medicina. Stu dia il corpo umano pezzo per pezzo. 4) Per esempio nel 1962-63 in prima media furono pro mossi il 65,2% dei maschi e il 70,9% delle bambine. In seconda media il 72,9% dei maschi e l™8 0,5% delle bambine (Annuario Statistico dell™Istruzione 1965 pag. 81). 5) La Piccola Fiammiferaia = novella di Giovanni Cristiano Andersen scrittore danese del 1800. La neve ˜occa ˜occa ˜occa = verso di una poesia di Giovanni Pascoli. 6) A questo punto volevamo mettere la parola che ci venne alla bocca quel giorno. Ma l™editore non la vuol stampare. 7) Veramente gli onorevoli costituenti pensavano ai tedeschi del Sud-Tirolo (Alto Adige), ma senza volerlo pensarono anche a Gianni. 8) Non lo diciamo a caso. Due di noi si son lette co n pazienza 156 pagine d™atti parlamentari. 9) Il deputato comunista De Grada nella seduta 14.12 .1962 ha dichiarato che «a leggere e scrivere si impara nelle elementari». 10 ) Articolo 34 della Costituzione. sinistre le scienze. Non ci fu uno che pensasse a noi, che ci fosse stato dentro, che avesse faticato a seguire la vostra scuola 9fl.Topi di museo le destre. Topi di laboratorio i comunisti. Lontani gli uni e gli altri da noi che non si parla e s™ha bisogno di lingua d™oggi e non di ieri, di lingua e non di specializzazioni. Perché è solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l™espressione altrui. Che sia ricco o pover o importa meno. Basta che parli. Gli onorevoli costituenti credevano che si patisse tutti la voglia di cucir budella o di scrivere ingegnere sulla carta intestata: «I capaci e meritevoli anche se privi di mezzi hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi» 10.Tentiamo invece di educare i ragazzi a più ambizione. Diventare sovrani! Altro che medico o ingegnere. Quando possederemo tutti la parola, gli arrivisti seguitino pure i loro studi. Vadano all™università, arraffino diplom i, facciano quattrini, assicurino gli specialisti che occorrono. Basta che non chiedano una fetta più grande di potere come han fatto finora. Povero Pierino, mi fai quasi compassione. Il privilegio l™hai pagato caro. Deformato dalla specializzazione, dai libri, dal contatto con gente tutta eguale. Perché non vieni via? Lascia l™università, le cariche, i partiti. Mettiti subito a insegnare. La lingua solo e null™altro. Fai strada ai poveri senza farti strada. Smetti di leggere, sparisci. È l™ultima missione della tua classe. Non tentare di salvare gli amici vecchi. Se gli rip arli anche una volta sola sei sempre come prima. Neanche per la scienza non ti dar pensiero. Basteranno gli avari a coltivarla. Faranno anche le scoperte che servono per noi. Irrighe- ranno il deserto, caveranno bracioline dal mare, vinceranno malattie. A te che te ne importa? Non dannarti l™anima e l™amore per cose che andranno avanti anche da sé.
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